Lavoratori a domicilio e indennità di disoccupazione
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con sentenza 28 marzo 2014, n. 7383, ha stabilito che l’indennità ordinaria di disoccupazione spetta anche ai lavoratori a domicilio, nel caso di estinzione del rapporto per licenziamento, ovvero, ma solo prima del 1999, per dimissioni.
Non spetta invece nelle ipotesi di inoccupazione fra una commessa e l’altra.
Il caso trae origine dall’impugnazione della sentenza con cui la Corte di Appello, riformando la sentenza del Tribunale, accoglieva una domanda proposta nei confronti dell’Inps e diretta ad ottenere da una lavoratrice a domicilio, l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti per l’anno 1988 che l’Ente previdenziale convenuto aveva negato per la mancata comunicazione da parte del datore di lavoro della sospensione dell’attività lavorativa nonostante la legge (l’art. 7 del D.L. n. 86 del 1988) non prevedesse alcun compimento a carico del datore di lavoro.
A fondamento della decisione la Corte d’appello poneva alcuni principi ed, in particolare, quello secondo cui, in difetto di previsione diretta o di espresso rinvio non si estendono all’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti i termini e le modalità che sono previsti per l’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali. Pertanto, secondo la Corte, ai fini della fruizione del trattamento di disoccupazione con requisiti ridotti non era necessario il controllo sullo stato di disoccupazione.
L’Inps, nel ricorrere per cassazione, ha posto il seguente interpello: “dichiarare se il lavoratore a domicilio abbia diritto nei periodi d’inattività lavorativa intercorrenti tra una commessa e l’altra (verificatesi nel caso di specie nell’anno 1988) all’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, oppure se tali periodi d’inattività, atteso che danno luogo ad uno stato di disoccupazione involontaria (peraltro non certificato dall’Autorità amministrativa) scaturente dall’estinzione del rapporto di lavoro, non consentano il riconoscimento del predetto diritto all’indennità di disoccupazione, sia con requisiti ordinari che ridotti”.
La Corte premette che la fattispecie riguarda il caso di lavoratrice a domicilio rimasta priva di occupazione nei periodi di sospensione intercorrenti tra la consegna del lavoro commissionato ed un nuovo affidamento di lavori pur sempre nell’ambito di un unico rapporto di lavoro con lo stesso committente, mai risolto.
Nel dare ragione all’Ente previdenziale, la Corte si rifà ad altra sentenza (n. 14127 del 1° ottobre 2002), peraltro richiamata dallo stesso Inps, nella quale è stata trattata una fattispecie del tutto simile affermando che alla stessa va data continuità giuridica condividendone le argomentazioni.
Nella sentenza n. 14127/2002 la Corte affermava che ai sensi della normativa (art. 9, legge n. 877 del 1973) la indennità ordinaria di disoccupazione (R.D.L. n.1827 del 1935), spettava anche ai lavoratori a domicilio, nel caso di estinzione del rapporto per licenziamento, ovvero (ma solo prima del 1999, ai sensi dell’art. 34, legge n 448 del 1998) per dimissioni, e di conseguente iscrizione nelle liste di collocamento, ma non anche nelle ipotesi di inoccupazione fra una commessa e l’altra.
Del resto, conclude la Corte, una diversa soluzione finirebbe per assegnare alla indennità di disoccupazione involontaria una funzione ad essa estranea: quella di integrazione dei guadagni del lavoratore a domicilio non sufficientemente occupato, una funzione, cioè, del tutto analoga a quella propria delle garanzie previdenziali di integrazione salariale, dalle quali il lavoratore a domicilio è espressamente escluso (art. 9, comma 1, legge n. 877/1973).
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Sentenza 28 marzo 2014, n. 7383